22.12

“Sempre insieme, eternamente divisi…” diceva Philippe Gaston, detto il Topo, nel film “Lady Hawk”.

Il giorno e la notte, buio e luce, entrambi figli del sole, condannati a non incontrarsi mai e ad essere sempre insieme, parti diverse della stessa unità. È la storia del bianco e del nero, opposti e così perfetti.

Il colore è un’arma usata secondo convenienza, è natura, opportunità. È sudore e passione, nell’intreccio sensuale sotterraneo, pasta densa che si muove, grovigli, nodi. È una danza incessante il colore, vuoto d’aria, toglie il respiro ma vive nell’idea che filtra e fa di questa torre regina elegante, d’oro vestita, immagine di donna araba recitando spezie e vasellame al mercato di Esfahan. Ancora al vento urlano le sue pietre, mani al cielo, concedendosi al sogno di una transumanza del Sud tra capre e carovane, dromedari e pozze d’acqua, che vivono di mistero e ombra sotto il sole tiranno, nel delirio di una gabbia nelle prigioni di Teheran.

Spogliati mondo dei tuoi veleni, abbandona le scale cromatiche, gli impatti della luce sui corpi e sulla carta, sulla tua visibile vanità. Torniamo all’incertezza, ad immaginare colori sempre nuovi, a dipingere ogni giorno in modo diverso, così che il giorno interpreti la notte e la notte nasconda gli errori di questi tempi egoisti, carichi di tutto, vuoti nel profondo.

Serve la pestilenza per tornare umani, tabula rasa che cancella le variazioni, scale e differenze, per dare nuovi e giusti colori a questa incoerenza che è l’uomo, schiavo delle maschere che indossa.

Forse un passo indietro a volte significa progredire. Oh mia torre che curi queste ferite, sii bussola, stella polare, presenza obliqua per chi va, per chi viene.

Lorenzo Cittadini

Photo: ©Giovanna Pesce